Dovevo trovare un lavoro, fare esperienza e cominciare a riempire il mio magro curriculum. In quei giorni avevo solo i miei 24 anni e una laurea fresca fresca in Ingegneria delle Telecomunicazioni.
E in giro c'era una tremenda puzza di crisi.
Il primo colloquio fu con AccentiuR.
L'efficientissima, famosa e terribile AccentiuR aveva un sistema di recruitment davvero notevole. Monitorava costantemente gli Atenei, sapeva subito quali erano i neolaureati coi voti più alti e li chiamava di corsa per la selezione.
In ballo c'erano dei posti a tempo indeterminato nella sede di Milano.
Era previsto un iter di selezione di tre incontri: colloquio di gruppo, colloquio con manager, colloquio con senior manager.
Non me lo feci ripetere due volte e confermai la mia presenza per la prima prova.
Passai un paio di giorni alla ricerca di informazioni sull'azienda e sulle modalità di svolgimento delle selezioni.
Sui forum trovai un bel po' di commenti utili ma tutto quello che appresi può essere sintetizzato nel commento di un mio amico:
“AccentiuR NuuuuOOOOOOooooooOOOOoooOOO!!!”
Feci il primo colloquio assieme ad altri nove candidati. Ero l'unica ragazza del gruppo.
Una hostess con l’aspetto da Barbie ci fece accomodare dentro una grande sala riunioni con al centro un tavolo ovale e dieci sedie. I nostri posti erano evidenziati da una targhetta con il nostro nome. Accanto alla targhetta c’erano una penna, una matita, un block notes firmati AccentiuR e un depliant pubblicitario.
Dopo qualche minuto arrivò una donna bionda, sulla quarantina. Era la psicologa, pronta a strizzarci i cervelli.
“Da questo momento in poi, io sarò la vostra esaminatrice. Vi presenterò alcuni casi aziendali e valuterò le vostre opinioni e le vostre interazioni con gli altri candidati. Sappiate che osserverò attentamente ogni cosa: parole, movimenti, postura.”
Ci lasciò alcuni minuti a testa per le dovute presentazioni, poi fece cenno alla hostess di passarci dei fogli A4.
“Adesso valuterete il primo caso. Dopo la lettura, avrete quindici minuti di tempo per elaborare una vostra soluzione, scrivendo nel block notes che avete a disposizione. Ognuno di voi dovrà presentare agli altri la propria soluzione, in un tempo massimo di cinque minuti. Successivamente, in un tempo massimo di venti minuti, dovrete arrivare ad un'unica soluzione comune. Sono stata chiara?”
Annuimmo.
Prendemmo i fogli A4 e cominciammo a leggere il primo caso.
Un’azienda aveva un rappresentante di prodotti d’ufficio, tale Pietro Rossi, che lavorava poco ma otteneva sempre degli ottimi profitti. Questo atteggiamento aveva creato dei grossi malumori nel suo gruppo di lavoro: i colleghi volevano che fosse richiamato e magari punito per le continue assenze ingiustificate. D’altro canto, però, Pietro Rossi riusciva a fatturare meglio degli altri. Cosa fare per riportare l’armonia tra i dipendenti?
Gli altri casi erano simili a questo: situazioni aziendali piene di contraddizioni da trattare con una forte dose di buon senso.
Avevo letto da qualche parte come affrontare al meglio questo tipo di prove. Per riuscire a lavorare in gruppo dovevo apparire sempre gentile e disponibile, non dovevo mai parlare sopra al collega, nè alzare la voce, nè impormi con autorevolezza.
Nel gruppo c’era un tipo altezzoso che vantava la sua laurea in Fisica presso una scuola di eccellenza di Catania. Era parecchio acuto, ma anche parecchio antipatico. Passammo in quattro. Ovviamente il tipo altezzoso fu tra quelli scartati.
Al secondo colloquio incontrai un manager-super-man che parlava perfettamente tre lingue e gestiva un paio di progetti di livello europeo.
Mi aveva esaminato per 45 minuti e alla fine dell’incontro mi aveva fatto osservare tutti gli errori che avevo commesso, spiegandomi qualche rudimento di teoria della comunicazione:
“Non gesticolare troppo, altrimenti chi ti guarda pensa che sei agitato”.
“Dai una stretta di mano ben solida, così la persona che hai di fronte sente che sei padrone della situazione”.
Quel soggetto mi aveva proprio affascinato con tutta quella sua esperienza e quelle sue nozioni.
Mi aveva anche fatto capire che il lavoro del consulente sarebbe stato estremamente duro:
“Dovrai rinunciare alla tua comfort zone.”
“E cosa intende per comfort zone?”
“L'insieme di tutte le cose che danno comfort alla tua vita. La mamma, il ragazzo, le ore di sonno … Ci saranno dei momenti in cui dovrai metterli da parte e concentrarti solo sul lavoro.”
Gli dissi che ero dispostissima a sopportare dei disagi: ero ancora giovane, volevo crescere e fare esperienza.
Cercai di essere convincente. In realtà non avevo nessuna voglia di perdere la mia comfort zone, né di sopportare grossi disagi.
Il terzo colloquio fu quello meno impegnativo. Il senior manager era una super donna dalle mille responsabilità. Aveva un tono di voce squillante e le rughe che vibravano ad ogni sorriso.
Sorrideva sempre.
Mi chiese che tipo ero, quali ritenevo fossero i miei difetti e i miei pregi. Poi mi descrisse la vita dei suoi ragazzi: impegnativa, certo, ma anche piena di soddisfazioni e con un bello stipendio.
Il giorno dopo, ricevetti la telefonata di una responsabile delle risorse umane.
“Siamo felici di comunicarle che ha superato l’iter di selezione. Sarebbe disposta a trasferirsi a Milano a partire dalla prossima settimana?”
A quel punto vacillai. Non mi aspettavo di trovare così subito un’occupazione. Era trascorsa solo una settimana dalla seduta di laurea. Non mi ero ancora guardata intorno abbastanza.
“Ahem… La settimana prossima dice? Per me sarebbe un po’ presto. Sa, non ho nessun appoggio a Milano e dovrei organizzarmi la partenza. Non sarebbe possibile posticipare?”
“Allora la richiameremo in occasione delle assunzioni di Gennaio.”
Click.
Forse avevo perso un’occasione importante. Forse quella domanda era l’ennesimo test per capire se ero davvero pronta per quel lavoro. All'inizio mi sentii delusa, poi provai un bellissimo senso di sollievo. Tutti parlavano dei ritmi disumani cui erano sottoposti i consulenti AccentiuR. Io volevo fare esperienza, ma non volevo rinunciare alla mia vita.
Ero salva. Meglio un asino vivo che un dottore morto.
Come mi aspettavo, la tipa delle risorse Umane non richiamò più.
A Gennaio, quando già avevo trovato un lavoro, ricevetti una mail da un responsabile del servizio di Recruitment. Mi avvisava che, a causa di alcuni problemi, non potevano procedere con le assunzioni.
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