lunedì 9 novembre 2009

12. Prove di convivenza

Dopo il lavoro, andai con le ragazze al supermercato. Nel bilocale non c'era assolutamente nulla da mangiare. Ci serviva roba per la cena e per la colazione dell'indomani.
La cena sarebbe stata una situazione perfetta per socializzare con le mie sconosciute coinquiline.
L'idea iniziale era di fare un'unica spesa e di dividere la sommatoria alla fine.
Mi accorsi ben presto che la cosa era impossibile.
Rossella disse che non faceva mai colazione la mattina, quindi non le sarebbero serviti né biscotti né latte.
Io volevo latte, caffè, biscotti e zucchero.
Rossella odiava aglio, cipolle e la maggior parte delle verdure.
Io consideravo cipolle e insalata una componente fondamentale della mia dieta.
Come diavolo faceva quella ragazza ad andare in bagno senza fare colazione e senza mangiare verdure ... MISTERO.
Giuseppa disse di essere allergica alla maggior parte dei conservanti, quindi non poteva mangiare cibo in scatola, merendine, e così via.
La cosa stava diventando troppo complicata. Decisi di prendere un carrello e fare la spesa separatamente, soluzione che lasciò le ragazze abbastanza contrariate.
Mi stavo isolando dal gruppo.

Preparai un'insalata mista e misi nel piatto mezza mozzarella e qualche fetta di bresaola.
Rossella disse di non avere fame e Giuseppa tirò fuori delle conserve che si era portata da casa.
A proposito, Giuseppa doveva essere chiamata Giusy. Odiava il suo vero nome, e non potevo darle torto. Quel nome da solo sembrava un'ingiuria.
Giusy - quindi - proveniva da un piccolo paesino dell'interno della provincia di Cosenza. La sua famiglia aveva alcune proprietà in campagna e lei era abituata a mangiare roba genuina. Si era portata da casa la salsiccia e il salame dei suoi maiali personali, le marmellate della nonna, la passata verace dei pomodori del suo orto, le melanzane e i funghi sott'olio.
La prossima settimana i suoi genitori le avrebbero spedito altri generi di prima necessità. Probabilmente anche le uova fresche.
Era organizzatissima.
Finalmente iniziavo a conoscere le ragazze.
Presto sarebbe nata una nuova e sana amicizia, ecco!
Era questo che ci voleva.
Di sicuro quelli dell'azienda ci avevano ficcato tutte assieme in un bilocale - oltre che per risparmiare soldi - anche per farci conoscere e farci diventare un team coalizzato.
Ovviamente ficcare tre perfette sconosciute in 40 m2 e, soprattutto, lasciare me su un divano letto nel soggiorno, era una mossa rischiosa.
Rossella raccontò molto poco di sé.
Ricordo che cerco di organizzare un'uscita di gruppo:
“Che ne dici se domenica andiamo tutte insieme a messa?”, esordì.
La cosa mi trovò del tutto impreparata.
“Ah, ti ringrazio ma vedi … io ….” bofonchiai.
Pausa.
Rossella arrossì e disse a bassa voce: “Non sei cattolica?”
“Si, si lo sono. È solo che per ora non ci credo.”
Avrei voluto dire altro, ma non mi venne in mente nulla. Così sorrisi, mi alzai e portai i piatti vuoi in cucina.

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