giovedì 3 dicembre 2009

25. L'uomo di fumo e l'uomo di naso

Avevo avuto la fortuna di entrare in un progetto nuovo di zecca.
I task andavano ancora definiti e si prospettava una fase di start-up di almeno quattro settimane.
Le giornate passavano tra chiacchiere, riunioni e tanta, tantissima FUFFA.
Non era affatto male.
Non facevo praticamente nulla: ascoltavo discorsi ripetitivi e prendevo qualche appunto di tanto in tanto.
C'erano criticità a destra e a sinistra.
Lo sentivo dire continuamente: "L'attività potrebbe riscontrare questa criticità... e bla bla bla...".
Ero passata da un lavoro con ritmi disumani a un lavoro di nullafacenza.
Ovviamente era solo un periodo transitorio. Quella calma non sarebbe durata a lungo. Anzi, ero più che convinta che presto l'avrei pagata a caro prezzo.
Iniziai a conoscere meglio i miei due colleghi di team.
Il pisano Guido era un cultore della nobile arte del FUMO.
Riusciva a restare seduto per mezz’ora al massimo, poi cominciava a smaniare e diventava inquieto.
Allora usciva fuori, si gustava una sigaretta e tornava dentro rinato.
Non c'erano cazzi: trascorsi i 30 minuti doveva fumare.
Se eravamo nel mezzo di una riunione, trovava una scusa:
“Perdonatemi, vado un attimo in bagno”;
“Scusate, devo fare una telefonata urgente”;
“Scusate, devo chiamare casa per sapere come stanno i bambini.”
Aveva la carnagione scurissima e i denti di un giallo splendente.
Arnaldo invece era un omone gommoso con un doppio mento gigantesco.
In presenza del cliente cercava di assumere la postura e i toni del professionista.
Appena il cliente se ne andava, sbracava i suoi 120 chili sulla sedia e si faceva i cazzi suoi su Internet. Non lo si doveva assolutamente disturbare.
Era taccagno fino alla maleducazione e l’avevo imparato dal primo giorno.
Allora ignoravo che la mensa interna faceva servizio soltanto se si presentava un buono pasto rilasciato da Mechanix.
Chi non possedeva i buoni doveva acquistarli alla mensa stessa, in un unico blocco da dieci, per una spesa totale di sessanta euro.
Controllai il portafogli ma non arrivavo alla cifra.
Mechanix era circondata dal NULLA: tutt'intorno c'erano solo deserto e aziende. Non c'era nessun altra tavola calda dove mangiare.
“Se vuoi, ti VENDO un buono pasto. Hai almeno sei euro?”, mi disse Arnaldo.
Gli diedi i soldi e andai a mensa con lui. Ma quella fu la prima e l’ultima volta: mi sarei portata la merenda da casa.

Trascorse le prime tre settimane di adattamento, saltò fuori che per l’attività di bug fixing bisognava usare un programma molto pesante che richiedeva un PC con 4 giga di RAM.
L’unica ad avercelo ero io. Quindi si stabilì che cominciassi a lavorare SOLO io.
Arnaldo e Guido inoltrarono una richiesta al capo progetto e, in attesa dell’arrivo del nuovo PC, si inventarono delle attività alternative.
Guido tornò a Pisa e Arnaldo restò con me a Roma.
Passava tutta la giornata a studiare su Internet. Non diceva una parola e si scaccolava in continuazione.
Avete capito bene. Si scaccolava.
Quando era concentrato nella sua navigazione si dimenticava del mondo esterno.
Si ficcava mezzo dito nel naso, raccoglieva una pallina di muco e ...
Vi risparmio questo strazio.
In quei momenti mi faceva davvero schifo.

1 commento:

  1. Difficilmente i tuoi colleghi non si riconosceranno (anche se hai cambiato nomi, luoghi e tempi).

    Sto ridendo di gusto per questo.

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