In quel periodo feci amicizia con due consulenti che lavoravano per due diverse aziende di livello nazionale (non multinazionale, eh!).
Si chiamavano Pippo e Marco.
Pippo aveva circa quarant'anni, due figli piccoli e un posto di lavoro in bilico. La sua azienda era sull’orlo del fallimento: alcuni mesi lo pagava, altri no. Non era riuscito a trovare un altro impiego e restava sotto scacco.
Non c’era da stupirsi che fosse sempre scoglionato, che arrivasse in ufficio sempre per ultimo e se ne andasse sempre per primo.
Era lento e all'apparenza tranquillo, e qualcuno diceva che portasse delle lenti a contatto a forma di occhi aperti.
Marco invece aveva 27 anni, una laurea in Ingegneria delle Telecomunicazioni (come me) e un anno di carriera come consultant junior. Il suo lavoro in Mechanix era tutto basato su Internet e consisteva nel cercarsi un altro lavoro e seguire le news dell'Inter.
Dopo qualche mese, quelli di Mechanix gli annullarono la commessa e lo rispedirono alla sua azienda.
Io ci restai davvero male perché avevamo molti punti di vista in comune. Anche lui era del tutto scontento del suo ruolo di operaio programmatore: “Te sei un pischello che studia e s’ammazza pe’cinque anni - minimo - e poi se aritrova a fa’ er lavoro de uno che è appena uscito dar tecnico industriale.”
Aveva cercato in lungo in largo un posto che avesse a che fare con le telecomunicazioni, non l’aveva ancora trovato e continuava a cercare.
Andava avanti con questa filosofia: “Io c’ho provato a seguì er core. Adesso seguo i sordi. Sto lavoro non me piace ma è mejo de’n carcio a li cojoni.”
Marco sapeva un sacco di cose utili.
Mi disse che, nonostante l’utilizzo obbligatorio del badge, i nostri orari non erano controllati come quelli degli interni.
Noi potevamo entrare e uscire a piacimento. Ovviamente con discrezione.
Quando mi vide interessata alla possibilità di lavorare nell'Azienda Parastatale come interna e non più come consulente, mi chiese se avevo dei SANTI.
Gli chiesi che intendeva per "SANTI".
Lui si mise a ridere.
Mi disse che ormai le assunzioni coinvolgevano solo due tipi di candidati: i consulenti che avevano lavorato per almeno dieci anni in un progetto e che ormai erano diventati insostituibili e quelli che avevano I SANTI.
Il SANTO poteva essere un senatore, un politico, un generale, un nobile facoltoso. Insomma qualcuno particolarmente influente.
No, gli dissi, non conoscevo nessun SANTO.
E tornai assai delusa alla mia odiosa attività di bug fixing.
Arnaldo si scaccolava e imparava a fare il coordinatore delle attività del progetto. Si dimostrò subito molto skillato in questo settore.
Stabilì che io e il pisano (che restava ANCORA - dopo due mesi - in attesa del nuovo portatile), avremmo fatto bug fixing, mentre lui si sarebbe sobbarcato una gravosa responsabilità: sarebbe stato il nostro supervisore.
Arnaldo era il classico supervisore italiano: quello che non supervisiona assolutamente nulla e lascia fare agli altri.
Potevo fare cazzate astronomiche. Lui se ne sarebbe fottuto altamente.
E comunque non aveva gli strumenti per capire se facevo cazzate.
Questa cosa un pò mi divertiva e un pò mi turbava.
Potevo creare un mostro senza che nessuno se ne accorgesse.
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